martedì 31 luglio 2012


Brevi note in merito alla
sentenza della Corte costituzionale
 n. 199/2012

            Alberto Lucarelli
Ordinario di diritto pubblico
Università di Napoli Federico II
  1. Le norme annullate

La Consulta, con sent. n. 199 depositata lo scorso 20 luglio, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 4 del d.l. n. 138/2011 (cd. decreto di Ferragosto) convertito con modificazioni dalla l. n. 148/2011.
La normativa impugnata, rubricata “Adeguamento  della  disciplina  dei  servizi   pubblici   locali   al referendum popolare e alla normativa dall'Unione europea”, riproponeva sostanzialmente la disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica contenuta nell'art. 23-bis d.l. n. 112/2008 e abrogata con referendum del 12-13 giugno 2011. 
Tale riproposizione (da intendersi quale identità di ratio con la normativa abrogata nonché riproduzione di fatto di svariate disposizioni dell'art. 23-bis, pur nell'ipocrisia della rubrica adottata dal legislatore) costituisce un tradimento della volontà popolare espressa da oltre 26 milioni di italiani in occasione della consultazione referendaria ex art. 75 Cost. 

COMUNICATO STAMPA
 Acqua potabile in deroga, 
Nola unico caso in Campania
 

Record negativo per la città di Nola, unico Comune della Campania e dell'intero Mezzogiorno ad avere ancora l'acqua in deroga a causa dell'alta concentrazione di fluoruro, fissata a 2,5 mg per litro, ben al di sopra dei limiti consentiti dalla legge. Stavolta a tenere banco non sono carotariffe, bollette pazze e i tristemente noti disservizi, ma i parametri di qualità dell'acqua e le deroghe concesse da Ministero della Salute e Commissione europea per l'acqua distribuita in località Tossici, popoloso rione nella frazione Piazzolla di Nola. E' il caso che viene fuori dal dossier nazionale “Acque in deroga”, realizzato da Legambiente e Cittadinanzattiva, da cui emerge che nel 2012 circa un milione di cittadini italiani non ha acqua potabile di qualità, sicura e conforme alle norme: nell’acqua del rubinetto sono, infatti, presenti alcune sostanze, come borio, fluoruri e arsenico, in livelli superiori ai valori stabiliti. Per questi motivi, anche quest’anno per 112 Comuni - 90 nel Lazio, 21 in Toscana ed 1 in Campania - sono in vigore nuove deroghe cercando così di prendere tempo e ripristinare i valori al di sotto dei limiti stabiliti dalla legge. "Siamo alle solite, le famiglie residenti a Tossici hanno ricevuto le dovute informazioni? - denuncia Gianluca Napolitano, capogruppo consiliare di Città Viva - Un'altra beffa per i cittadini abbandonati a loro stessi, mentre in altri Comuni l'allarme fluoruro sembra rientrato, non è chiaro invece quali siano gli interventi programmati sul nostro territorio ento la scadenza della deroga prevista per il 31 dicembre prossimo. Ad un anno dai referendum popolari, purtroppo è ancora difficile trovare interlocutori disponibili a sciogliere i troppi nodi relativi alla disastrosa gestione del servizio idrico. Intanto, è fondamentale che l'amministrazione comunale si faccia garante di un’operazione di trasparenza per i dati sulla qualità dell’acqua, oltre che promotorice di una campagna di comunicazione su anomalie e criticità per assicurare la tutela della salute di tutti. Come sempre vigileremo per ottenere finalmente la definitiva chiusura del capitolo deroghe". 
Una situazione che si conferma con le stesse modalità dello scorso anno, quando la delibera di Giunta regionale n. 988 del 30/12/2010, sempre a riguardo delle deroghe per il fluoruro, individuava nei Comuni e nell'Asl "le istituzioni competenti per attivare una opportuna azione informativa nei confronti della popolazione sulle caratteristiche dell’acqua, con particolare riferimento alla necessità di interrompere eventuali interventi di fluoro profilassi in atto; avvisare la popolazione sulla opportunità di limitare il consumo di alimenti ad elevato apporto di fluoro; predisporre un opuscolo informativo in merito al fluoro da distribuire nelle scuole e presso i servizi materno-infantili; avviare idonee attività di sorveglianza epidemiologica".
Interventi ritenuti inderogabili, considerato anche che un eccessivo assorbimento di fluoro - come sottolineato nel dossier “Acque in deroga” - "può causare la carie dentaria, osteoporosi e danni più seri a reni, ossa, nervi e muscoli".

lunedì 23 luglio 2012


ARIN Il 31 Luglio trasformazione in ABC

NAPOLI - È stata fissata per il 31 luglio la firma della trasformazione dell' Arin in ABC, Azienda Speciale di Diritto Pubblico.

Ieri si è costituita dal notaio Giancarlo Laurini, l'Assemblea Straordinaria di Arin SPA, con la presenza del delegato del Comune di Napoli , Alberto Lucarelli, assessore ai beni Comuni.
«Preso atto delle dimissioni del Presidente e Amministratore Delegato Maurizio Barracco - rende noto il Comune di Napoli - si è costituito come Presidente del cda il vicepresidente Prof. Ugo Mattei. Era presente anche l'altro componente del Cda, Alberto Pierobon».

In attesa della scelta dell'Azionista Unico sul nuovo Presidente si è deciso di confermare l'interim della presidenza al Prof. Ugo Mattei.
«Al fine di garantire la piena funzionalità degli organi e della struttura, si è deciso di cooptare fino al 31 luglio, l'Ing. Francesco Panico, attuale Direttore Generale di Arin spa, conferendogli ad interim anche le deleghe di gestione senza alcun costo aggiuntivo per l' azienda», aggiunge il Comune.

Fonte "il Mattino"

domenica 22 luglio 2012


 “Non parlateci del pareggio di bilancio, sarebbe castrarsi da ogni politica economica” 
parola di Pierluigi Bersani 11 agosto 2011

20-07-12 Il Parlamento approva definitivamente 
il Fiscal-Compact (Pareggio di bilancio)

L’Italia, la nazione prima al mondo per pressione fiscale, si impegna oggi a sostenere 50 miliardi di Euro all’anno di tasse e tagli per 20 anni. Il provvedimento passa alla Camera con 368 si', 65 no e 65 astensioni.


Il 20 Luglio scorso la Camera ha ratificato, senza discussione in aula, i due trattati imposti dalla Merkel ovvero il Fiscal-Compact e il MES (Meccanismo Europeo Salvastati) con una maggioranza bulgara, 368 Sì, 65 No e 65 astenuti.
Il Fiscal Compact impone ai paesi firmatari il pareggio di bilancio strutturale (in Costituzione) e il taglio del debito pubblico per vent’anni fino al rientro nella quota del 60% stabilito da Maastricht.
Per l’Italia si tratta di tagliare spese per 40-50 miliardi di euro all’anno fino al 2032 e nel frattempo gli stati si obbligano a mantenere il deficit pubblico sempre sotto al 3% del PIL a pena di sanzioni.

Poco o nulla è trapelato dai partiti o dalla informazione ufficiale sulla ratifica dei due trattati e se qualche parolina si è sentita, è stata spesso per far passare questi due provvedimenti per cosucce da niente. La verità è che la ratifica del Fiscal-Compact e del MES significherà rinunciare ad ogni spazio di sovranità nazionale, austerità assoluta per lunghi anni dovuta ad una assurda rigidità fiscale che porterà inevitabilmente a tagli di spesa sempre maggiori e sarà impensabile investire nella scuola, nell’Università, nella ricerca, nella sanità, nelle politiche sociali, non si comprende in che modo e con quali misure l’Italia potrà ricominciare a crescere e di questo dobbiamo ringraziare l’idiozia neoliberale di Monti e dei partiti che lo sostengono .

Ad Aprile scorso quando già i due trattati avevano avuto il primo via libera dai parlamenti dei paesi firmatari, il premio Nobel per l’economia Paul Krugman dalle pagine del New York Time commentava le scelte economiche della MerkelEuropa :  “La Germania, con l'imposizione delle sue favole di moralità fiscale, sta distruggendo l'intero sistema. Una situazione da pazzi: a questo punto unica alternativa è l'uscita dall'euro. Altrimenti si continuerà a morire.”

Per quel che riguarda il MES (Meccanismo Europeo Salvastati) è di fatto un direttorio finanziario europeo che cancellerà ogni traccia residua di sovranità politica nazionale e condannerà gli Stati aderenti a un indebitamento forzoso senza limiti. Il nuovo organo sovranazionale, dotato di poteri illimitati e di totale immunità giuridica, è composto dai ministri delle Finanze dei diciassette Paesi della zona euro, gestirà un fondo permanente che elargirà prestiti agli Stati in difficoltà imponendo rigidi piani di ristrutturazione economica. A foraggiare le casse del Mes saranno gli Stati stessi attraverso quote nazionali obbligatorie coperte da nuove emissione di debito.  Il “capitale autorizzato per il MES” è pari a 700 miliardi di euro, recentemente passato ad 800 miliardi. All’Italia la “quota” di partecipazione totale sarà di 125 miliardi di Euro.


Sottoscrizioni del capitale autorizzato

Membro MES
Numero di quote
Sottoscrizione di capitale (EUR)
Regno del Belgio
243 397
24 339 700 000
Repubblica federale di Germania
1 900 248
190 024 800 000
Repubblica di Estonia
13 020
1 302 000 000
Irlanda
111 454
11 145 400 000
Repubblica ellenica
197 169
19 716 900 000
Regno di Spagna
833 259
83 325 900 000
Repubblica francese
1 427 013
142 701 300 000
Repubblica italiana
1 253 959
125 395 900 000
Repubblica di Cipro
13 734
1 373 400 000
Granducato di Lussemburgo
17 528
1 752 800 000
Malta
5 117
511 700 000
Regno dei Paesi Bassi
400 190
40 019 000 000
Repubblica d’Austria
194 838
19 483 800 000
Repubblica portoghese
175 644
17 564 400 000
Repubblica di Slovenia
29 932
2 993 200 000
Repubblica slovacca
57 680
5 768 000 000
Repubblica di Finlandia
125 818
12 581 800 000
Totale
7 000 000
700 000 000 000



Un colpo al liberismo
Ugo Mattei e Alberto Lucarelli (il manifesto)




Depositando due lunghe e articolate sentenze, la 199 e la 200 del 2012, la Corte Costituzionale ha reso giustizia al movimento referendario e ha posto finalmente un limite al delirio di onnipotenza del legislatore neoliberista nella sua versione bipartisan di casa nostra. Dietro a tecnicismi talvolta eccessivi (che già avevano reso la discussione orale del 19 giugno scorso meno interessante di come avrebbe potuto essere), con i quali la Corte (soprattutto nella sentenza 200) ha probabilmente cercato di depotenziare in parte la bomba politica rappresentata da questa decisione, un dato è chiarissimo.
I referendum del giugno 2011 non riguardavano soltanto l’acqua ma costituivano un tassello chiave nella costruzione di un’altra visione del pubblico che coinvolge l’intero settore dei servizi pubblici e che è coerente con la nostra Costituzione economica ben più di quanto non lo sia la politica neoliberale delle dismissioni. Su questa diversa visione, antitetica rispetto al riformismo neoliberale, il popolo sovrano si era pronunciato e la volontà popolare doveva essere rispettata tanto dal governo di Berlusconi quanto dal suo successore «tecnico».
La sentenza, oltre che politicamente dirompente perché da oggi più nessuna amministrazione locale di qualsivoglia colore politico potrà trincerarsi dietro l’ obbligo di smantellare i servizi pubblici ma dovrà assumersi tutta la responsabilità politica delle proprie scelte, è tanto storica quanto essenziale in questo momento di frana della democrazia costituzionale. Storica perché mai prima la Corte aveva tracciato così chiaramente, in una ratio decidendi, l’esistenza di un vincolo referendario non superabile dal Parlamento. Vincolo che in un regime fisiologico di rappresentanza politica potrebbe pure non sussistere sul piano formale (come ha fin qui sostenuto, ieri smentita dalla Corte, gran parte della dottrina costituzionalistica italiana) ma che in questa situazione di non rappresentatività del parlamento e di sospensione della democrazia prodotta dal «governo tecnico» costituisce un baluardo prezioso per il nostro sistema delle garanzie.
Esattamente un anno fa, dopo aver fatto invano pervenire al Presidente Napolitano (che la Costituzione fa supremo garante del suo ordine) un plico contenente quasi 10.000 firme che lo invitavano a non firmare il Decreto di Ferragosto oggi dichiarato incostituzionale, avevamo scritto al presidente della Puglia, Vendola, proprio dalle pagine del manifesto, pregandolo di darci mandato di rappresentare la regione Puglia in un ricorso diretto dal significato politico importantissimo, ben superiore ai tecnicismi pur importanti del rapporto fra Stato e Regioni. Lo avevamo fatto perché convinti che il Comitato Referendario, organo costituzionale caduco, non avesse legittimazione ad agire e ben consci dei rischi che la particolare prospettiva di un ricorso da filtrarsi tramite l’interesse della Regione avrebbe prodotto. Il presidente Vendola ci aveva ascoltati, e il senso politico di questa operazione è chiarissimo e documentato sulle pagine del nostro giornale.
In effetti, la Corte, che certo avrebbe potuto cavarsela con il tecnicismo (che invece ha adoprato per indorare al governo la pillola del suo operato, tramite qualche frecciatina alla «genericità» del nostro argomento) è invece andata al sodo dichiarando forte e chiaro che la democrazia diretta è una cosa seria e che tutti, proprio tutti, dovrebbero rispettare la volontà del popolo piuttosto che legittimare la depredazione del suo patrimonio comune a vantaggio di alcuni interessi privati. La Corte Costituzionale, che già aveva dimostrato un certo coraggio nel respingere il castello di menzogne che volevano l’ inammissibilità del Referendum (sentenza 24 2011) ha saputo interpretare con queste sentenze la sua funzione di garante della Costituzione e dell’ interesse pubblico. Speriamo che altre alte istituzioni prendano esempio.

venerdì 20 luglio 2012



Grande vittoria dei movimenti, 
la Corte Costituzionale fa saltare 
le privatizzazioni di acqua 
e servizi pubblici locali


 
  
Oggi, 20 Luglio, la Corte Costituzionale restituisce la voce ai cittadini italiani e la democrazia al nostro Paese.
Lo fa dichiarando incostituzionale, quindi inammissibile, l'articolo 4 del decreto legge 138 del 13 Agosto 2011, con il quale, il Governo Berlusconi, calpestava il risultato referendario e rintroduceva la privatizzazione dei servizi pubblici locali. Questa sentenza blocca anche tutte le modificazioni successive, compresa quelle del Governo Monti.
La sentenza esplicita chiaramente il vincolo referendario infranto con l'articolo 4 e dichiara che la legge approvata dal Governo Berlusconi violava l'articolo 75 della Costituzione. Viene confermato quello che sostenemmo un anno fa, cioè come quel provvedimento reintroducesse la privatizzazione dei servizi pubblici e calpestasse la volontà dei cittadini.
La sentenza ribadisce con forza la volontà popolare espressa il 12 e 13 giugno 2011 e rappresenta un monito al Governo Monti e a tutti i poteri forti che speculano sui beni comuni. Dopo la straordinaria vittoria referendaria costruita dal basso, oggi è chiarito una volta per tutte che deve deve essere rispettato quello che hanno scelto 27 milioni di italiani: l'acqua e i servizi pubblici devono essere pubblici.
Si scrive acqua, si legge democrazia!

Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua

lunedì 16 luglio 2012


Il Consiglio di Stato blocca 
la vendita di Acea


Sospesa la cessione del 21 per cento della municipalizzata: il Campidoglio non può vendere fino al 24 luglio. Alemanno: 
prendo atto, si decida il prima possibile


 

ROMA - Il Consiglio di Stato ha bloccato fino al 24 luglio la vendita di Acea. La decisione è contenuta nel decreto della V sezione che ha sospeso la decisione di mercoledì del Tar del Lazio che aveva detto no alla sospensione urgente della pregiudiziale con cui sono stati accantonati gli ordini del giorno collegati alla delibera sulla vendita del 21% di Acea.

RICORSO ACCOLTO - A rendere nota la decisione del Consiglio di Stato è stato l'avvocato Gianluigi Pellegrino, legale dei ricorrenti. A rivolgersi al Consiglio di Stato sono stati i consiglieri comunali Gianluca Quadrana (Lista Civica per Rutelli), Francesco Smedile (Udc) e Maria Gemma Azuni (Gruppo misto). Dice Pellegrino: «A seguito del provvedimento del giudice, il consiglio comunale non potrà procedere oggi (giovedì, ndr) alla votazione della delibera ma dovrà o ripristinare i diritti delle minoranze consentendo il voto sugli ordini del giorno ovvero attendere l'udienza del prossimo 24 luglio innanzi allo stesso giudice amministrativo»

APPROVAZIONE IN CAMPIDOGLIO - Proprio giovedì infatti nell'assemblea capitolina era prevista l'approvazione finale della delibera, collegata al bilancio, che prevede la vendita del 21 per cento delle quote di Acea. Con il decreto di giovedì, il Consiglio di Stato ha ritenuto «di mantenere la situazione inalterata sino alla trattazione collegiale del proposto appello, sussistendo il danno grave e irreparabile lamentato dagli appellanti». Da ciò, l'accoglimento delle richieste e la sospensione dell'efficacia della ordinanza del Tar contestata fino al 24 luglio, data in cui è stata fissata la discussione in camera di consiglio davanti a giudici in composizione collegiale. E così il presidente dell'Assemblea capitolina, Marco Pomarici, in aula Giulio Cesare nel pomeriggio di giovedì dichiara: «Su mandato unanime si è deciso di accantonare temporaneamente la delibera 32 e chiudere la seduta di oggi».

ALEMANNO: PRENDO ATTO - Immediata la replica del sindaco di Roma Alemanno: «Prendo atto della decisione del Consiglio di Stato di sospendere temporaneamente l’approvazione della delibera su Acea. La nostra Avvocatura ha presentato istanza affinché la riunione della V sezione che deve decidere definitivamente della sospensiva venga anticipata il più possibile in modo da non ritardare oltre l’iter di approvazione della delibera di bilancio». 

«VIOLATE REGOLE DEMOCRAZIA» - Gli risponde l'avvocato Pellegrino: «Sembra sfuggire al sindaco Alemanno che l’importanza della vicenda va al là della vendita di Acea: riguarda fondamentali regole democratiche di funzionamento delle assemblee elettive. Principi basilari che il regolamento del consiglio rispetta ma che sono state clamorosamente violate abolendo con un tratto di penna le prerogative di base di tutti i consiglieri che compongono la massima assemblea capitolina. Il ripristino di queste fondamentali regole costituzionali e democratiche nella Capitale di Italia doveva essere chiesto dal primo cittadino senza nemmeno rendere necessario l’intervento del giudice».

IL SIT-IN - E giovedì mattina, proprio contro l'approvazione della delibera, un gruppo di attivisti dei comitati per l'Acqua pubblica ha occupato con un sit-in la scalinata di accesso a Palazzo Senatorio. Nel pomeriggio sono stati mandati via dalle forze dell'ordine con cui ci sono stati momenti di tensione.

Redazione Roma Online12 luglio 2012 (modifica il 13 luglio 2012)