mercoledì 25 settembre 2013

da altraeconomia un articolo di 
Luca Martinelli

campania,
acqua ribelle
 
Dieci Comuni delle province di Napoli e Salerno chiedono che la gestione del servizio idrico integrato torni pubblica. Anche perché il gestore attuale non è in “equilibrio finanziario”.

Angri, Casalnuovo, Castel San Giorgio, Castellammare di Stabia, Fisciano, Nocera Inferiore, Pompei, Roccapiemonte, Roccarainola e Sarno l’hanno deciso: non ci stanno più, e la gestione del servizio idrico integrato deve tornare pubblica, anche nel bacino del fiume Sarno e nell’area vesuviana, 76 Comuni delle province di Napoli e Salerno dove vive quasi un milione e mezzo di persone. La loro decisione i Comuni l’hanno messa in chiaro l’8 luglio, a Roccapiemonte (Sa), nel corso del convegno in cui è stata formalizzata la Rete dei sindaci per la gestione pubblica: “Ripubblicizzare si può, ripubblicizzare si deve!”.  C’è un referendum da rispettare, e c’è un gestore del servizio idrico integrato che secondo la Rete civica Ato3 per l’acqua pubblica, http://retecivica-ato3.blogspot.it/ dovrebbe essere messo in liquidazione. Si chiama Gori spa (www.goriacqua.com). L’acronimo sta per Gestione ottimale delle risorse idriche, ma in realtà la situazione sembra ben diversa:

“La società non è in equilibrio finanziario, e la colpa è in un difetto fondamentale di programmazione” spiega Ciro Annunziata della Rete civica: nel 2009, l’Ente d’ambito, l’assemblea che riunisce tutti i sindaci del territorio, ha sospeso l’efficacia del Piano d’ambito, ovvero del piano di investimenti da cui dipende anche il regime tariffario. “ 

Dal 2009, su decisione dell’ente d’ambito, abbiamo realizzato solo gli interventi non rinviabili, gli allacci delle reti interne ai collettori fognari e la manutenzione delle reti conferma Giovanni Paolo Marati, ad di Gori. spa. L’ente d’ambito dal 2006 al 2012 non ha attuato il Piano d’ambito nella parte relativa alla tariffa. Le assemblea dei sindaci non hanno mai approvato le tariffe previste dal piano. Questo ha comportato un disequilibrio finanziario”. 

Il conto dello squilibrio l’ha fatto, a un certo punto, la Regione Campania, che è il principale creditore di Gori spa: la società a capitale misto pubblico-privato, i cui principali azionisti sono l’ente d’ambito Sarnese Vesuviano con il 51% e Sarnese Vesuviano Srl con il 37,05% (una controllata della utility romana Acea), al 31 dicembre 2012 doveva (ben) 282.999.149,32 euro. O, meglio, avrebbe dovuto, perché a giugno 2013 l’amministrazione regionale ha approvato -con delibera di Giunta - quella che i comitati hanno definito “l’operazione Salva Gori”, condonando fino ad un quarto del debito e garantendo una rateizzazione ventennale per quel che resta. Secondo Marati, “l’accordo è a tutto vantaggio degli utenti, perché se la Regione Campania avesse preteso integralmente il pagamento del debito, l’ente d’ambito avrebbe dovuto riconoscere maggiori costi in tariffa, dato che si applica il metodo del full cost recovery”, ovvero quello per cui tutti i costi finiscono in bolletta.
 

A monte di tutto, c’è un contenzioso quasi decennale tra Gori spa e Regione Campania, relativo ai costi di fornitura di “acqua all’ingrosso” e di servizi di “collettamento e depurazione delle acque reflue”: “All’avvio della gestione, nel 2003, la Regione Campania non ha consegnato le opere, come avrebbe dovuto fare” spiega Marati. “Ci avevano già provato nell’ottobre 2012, con una prima delibera ‘Salva Gori’, che avrebbe condonato ben 157 milioni di euro di debiti, ma quel testo non poteva passare, ed è stato necessaria introdurre una modifica con la Finanziaria regionale 2013” ricorda Ciro Annunziata. La beffa, per i comitati, è la delibera del 29 aprile 2013, con cui il Commissario straordinario dell’ente d’ambito Sarnese Vesuviano è l’onorevole del Pdl Carlo Sarro, che è anche vicepresidente della Commissione Giustizia della Camera - ha adottato un aumento tariffario del 13,4% per gli anni 2012 e 2013, “un aggravio di 50 euro all’anno per famiglia” secondo la Rete dei comitati. Una situazione paradossale, “perché prima, almeno, l’interfaccia dei comitati era un’assemblea dei sindaci”. 

La Rete dei sindaci per la gestione pubblica ha presentato ricorso al Tribunale amministrativo regionale, e nel frattempo ha inviato all’Autorità per l’energia elettrica e il gas un documento di “Osservazioni sulla determinazione della tariffa del servizio idrico integrato”: si evidenzia come l’ammontare dei ricavi tariffari deliberati dal Commissario sia “stato determinato sulla base di dati di bilancio forniti dal gestore a consuntivo”, e a fronte della “riesumazione” del Piano d’ambito del 2007, considerato da Rete civica e Comuni ribelli “inapplicabile” ed “inefficace”. Se l’Autorità le accoglierà, si dovrà ripartire da capo. E -forse- da una gestione pubblica, come chiedono i comitati.  


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