domenica 27 gennaio 2013

dal "Sole 24 ore" del 24-01-2013
La catastrofe ambientale a Napoli e Caserta:
come l'Aids e la peste
di Roberto Galullo
 
 
Settecentosettantadue pagine di relazione sulla Campania che la Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti condensa in quattro frasi finali che gettano nel panico una regione (e una nazione) intera: «Quanto l'inquinamento si sia trasferito nel terreno, quanto dal terreno ai prodotti alimentari, quanto dai prodotti alimentari all'uomo non è dato sapere con esattezza».
 
«Si tratta di danni incalcolabili, che graveranno sulle generazioni future. Il danno ambientale che si è consumato è destinato, purtroppo, a produrre i suoi effetti in forma amplificata e progressiva nei prossimi anni con un picco che si raggiungerà, secondo quanto riferito alla Commissione, fra una cinquantina d'anni. Questo dato può ritenersi la giusta e drammatica sintesi della situazione campana».
 
Dopo tre anni di audizioni, missioni, studi e dossier la Commissione parlamentare presieduta da Gaetano Pecorella tira le somme e oggi discuterà la relazione su Napoli e sulla Campania, che però è stata già depositata. Dentro quelle 772 pagine c'è la descrizione di una tragedia che non ha ancora fatto esplodere i suoi effetti mortali. E per rivelarlo all'opinione pubblica la Commissione riporta un brano dell'audizione del 10 ottobre 2010 del sostituto procuratore presso la Dda di Napoli, Alessandro Milita.
 
Il magistrato descrive «un caso paradigmatico per coprire quasi la totalità degli illeciti o, utilizzando una categoria più consona al caso di specie, delle nefandezze che sono state fatte in materia di rifiuti». Il caso è quello dell'avvelenamento delle falde acquifere di Giugliano e zone limitrofe causa dello smaltimento dalla seconda metà degli anni Ottanta fino al 2004 di 30.700 tonnellate di rifiuti pericolosi provenienti dalla bonifica dall'Acna di Cengio (Savona). Quelle falde servono diversi pozzi, non tutti autorizzati e variamente dislocati sul territorio, utilizzati per l'alimentazione bovina e umana.
 
Dichiara Milita in audizione: «Si tratta di un caso paradigmatico perché… vede un accertato avvelenamento delle falde con, dato più preoccupante, un culmine di contaminazione, pur attualmente presente, che raggiungerebbe l'apice nel 2064. Si tratta quindi di uno di quei casi (l'unico in corso di celebrazione in Italia) in cui una condotta permanente prevede un aggravamento nel corso del tempo, per cui, facendo un parallelismo tra organismo umano e ambiente, può essere soltanto paragonata all'infezione da Aids (…)».
 
Dalla perizia del geologo toscano Giovanni Balestri, per conto della Procura di Napoli, emerse che tutta la zona a nord di Napoli, un tempo fertilissima ed incontaminata, attualmente ancora utilizzata per la produzione agricola - attraverso la predisposizione da parte della criminalità organizzata di discariche abusive in quell'ambito territoriale e al confine con la provincia di Caserta, nei Comuni di Giugliano, Parete, Villaricca, Qualiano, Villa Literno – patisce un gravissimo inquinamento. Balestri spiegò perché nel 2064 si raggiungerà l'apice dell'incidenza negativa: si realizzerà in pieno la precipitazione nella falda acquifera del percolato e di altre sostanze tossiche derivanti dalle migliaia di tonnellate di rifiuti.
 
La Commissione parlamentare è impietosa sulla "macchina" che ha gestito l'emergenza rifiuti in Campania. «E' evidente che il sistema – si legge nelle conclusioni - risulta essere stato riprogrammato per far funzionare una macchina capace senz'altro di produrre profitti, ma destinata a non risolvere i problemi, dal momento che il raggiungimento dello scopo costituirebbe evidentemente motivo per far cessare ogni possibili spunto di guadagno riguardo al ciclo dei rifiuti. In questo preciso momento storico il problema dei rifiuti in Campania non è più un problema regionale, se mai lo è stato, ma è un problema nazionale che sta esponendo l'Italia a sanzioni gravissime da parte della comunità europea, che ha avviato procedure di infrazione per violazione delle norme comunitarie».
 
La vicenda concernente le ecoballe, costituite da 6 milioni di tonnellate di rifiuti in siti di stoccaggio che avrebbero dovuto essere provvisori e che hanno finito per trasformarsi in discariche a cielo aperto, è emblematica della proporzione di ingestibilità delle problematiche dei rifiuti nella regione. La Commissione nella sua relazione "scolpisce" nero su bianco conclusioni devastanti. La catastrofe ambientale che è in atto e che sta sconvolgendo la città di Napoli e cospicue parti del territorio campano, si legge infatti, «costituisce ormai un fenomeno di portata storica, paragonabile soltanto ai fenomeni di diffusione della peste secentesca. Il paragone non sembri azzardato, in considerazione del fatto che anche per i rifiuti a Napoli emergono, sia pure con connotazioni moderne, le figure degli untori che popolavano le tragedie cui si è fatto riferimento».
 
In Campania gli untori, per non uscire dalla metafora, devono essere identificati in numerosi soggetti che hanno operato nel settore, non ultima la lunga gestione commissariale, che ha «costituito il terreno di coltura in cui hanno trovato alimentazione i bacilli poi esplosi, infine, nell'attuale situazione. La gestione commissariale è stata caratterizzata, per molti versi, da una finalità di "uso" del problema rifiuti, e non di soluzione dello stesso. L'uso è consistito nel controllo degli spazi occupazionali e decisionali per finalità di agevolazione di soggetti titolari di interessi privati, in totale spregio dell'interesse pubblico».
 


 

 
 

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