Brevi note in merito alla
sentenza della Corte costituzionale
n. 199/2012
Alberto
Lucarelli
Ordinario
di diritto pubblico
Università
di Napoli Federico II
- Le norme annullate
La Consulta, con sent. n. 199 depositata
lo scorso 20 luglio, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 4
del d.l. n. 138/2011 (cd. decreto di Ferragosto) convertito con modificazioni
dalla l. n. 148/2011.
La normativa impugnata, rubricata
“Adeguamento della disciplina
dei servizi pubblici
locali al referendum popolare e
alla normativa dall'Unione europea”, riproponeva sostanzialmente la disciplina
dei servizi pubblici locali di rilevanza economica contenuta nell'art. 23-bis
d.l. n. 112/2008 e abrogata con referendum del 12-13 giugno 2011.
Tale riproposizione (da intendersi quale
identità di ratio con la normativa abrogata nonché riproduzione di fatto
di svariate disposizioni dell'art. 23-bis, pur nell'ipocrisia della rubrica
adottata dal legislatore) costituisce un tradimento della volontà popolare
espressa da oltre 26 milioni di italiani in occasione della consultazione
referendaria ex art. 75 Cost.
La Consulta aveva avuto più volte modo
di affermare il divieto di sostanziale ripristino della normativa abrogata con
referendum (cfr. sent. nn. 32 e 33/1993), ma senza mai tuttavia affermare in
maniera così esplicita il vincolo referendario per il Parlamento.
Nella fattispecie, peraltro, il
ripristino era avvenuto ad appena 23 giorni dalla pubblicazione dell'esito
della consultazione referendaria, senza che venisse dato modo alla volontà
popolare di spiegare i propri effetti giuridici (è appena il caso di ricordare
che il referendum abrogativo è un vero e proprio atto-fonte dell'ordinamento di
rango primario, cfr. sent. n. 468/1990).
Occorre evidenziare che l'art. 4,
successivamente alla proposizione dei ricorsi da parte delle varie Regioni,
aveva subito numerose modifiche, in particolare per effetto dell'art. 9, co. 2,
lett. n) l. n. 183/2011 (cd. legge di stabilità 2012) e dell'art. 25 d.l. n.
1/2012 convertito con modificazioni dall'art. 1, co. 1 l. n. 27/2012, nonché
dell'art. 53, co. 1, lett. b) d.l. n. 83/2012, in fase di conversione.
Le modifiche sopravvenute con l'art. 25
d.l. n. 1/2012 avevano limitato ulteriormente le ipotesi di affidamento dei
servizi pubblici locali (ad es., affidamenti diretti solo per i servizi di
valore inferiore a 200.000 euro; parere obbligatorio dell'AGCM) comprimendo
ancor di più le sfere di competenza regionale (cfr. punto 2 considerato in
diritto), in materia di SPL di rilevanza economica.
Con la sentenza n. 199 la Corte
costituzionale ha ribadito anche le competenze che Regioni ed enti locali hanno
in materia di servizi pubblici locali a rilevanza economica alla luce della
disciplina comunitaria (direttamente applicabile in materia all'esito del
referendum, cfr. sent. n. 24/2012).
Si afferma, dunque, l'indispensabile
ruolo svolto dall'ambito locale in sede di organizzazione di servizi
strettamente legati alla sfera dei beni comuni e dei diritti fondamentali (si
pensi al servizio idrico integrato, ma non solo).
Si ribadisce, inoltre, la piena
legittimità dell'ipotesi di gestione diretta del servizio pubblico da parte
dell'ente locale in ossequio ai criteri fissati dal diritto comunitario (cfr.
giurisprudenza CGCE sull'in house) (si veda il punto 5.2.1. del
considerato in diritto).
In una prospettiva evolutiva, del tutto
dentro i limiti fissati dal diritto comunitario (cfr. art. 106, par. 2 TFUE),
ben possono ipotizzarsi modelli di gestione pubblica dei SPL alternativi all'in
house providing (è il caso dell'azienda speciale di diritto italiano o,
addirittura, dell'autoproduzione).
Implicitamente si afferma il principio
dell'esistenza di un diritto pubblico europeo dell'economia.
L'annullamento delle suddette norme fa
venire meno, inoltre, la tempistica procedurale fissata ai sensi dell'art. 25
d.l. n. 1/2012, in modifica dell'art. 4 d.l. n. 138/2011.
In particolare, è annullata la disciplina dettata nel co.
32, ai sensi della quale a) gli affidamenti diretti relativi a servizi il cui
valore economico
sia superiore alla somma di cui al comma 13 ovvero non conformi a quanto
previsto al medesimo comma, nonché gli affidamenti diretti che non rientrano
nei casi di cui alle successive lettere da b) a d) cessano, improrogabilmente e
senza necessità di apposita
deliberazione dell'ente affidante, alla data del 31 dicembre 2012. In
deroga, l'affidamento per la gestione può avvenire a favore di un'unica società
in house risultante dalla integrazione operativa di preesistenti gestioni in
affidamento diretto e gestioni in economia, tale da configurare un unico
gestore del servizio a livello di ambito o di bacino territoriale ottimale ai
sensi dell'articolo 3-bis. La
soppressione delle preesistenti gestioni e la costituzione dell'unica società
in house devono essere perfezionati entro il termine del 31 dicembre 2012.
In tal caso il contratto di servizio dovrà prevedere indicazioni puntuali
riguardanti il livello di qualità del servizio reso, il prezzo medio per utente, il livello di investimenti
programmati ed effettuati e obbiettivi di performance (reddittività, qualità,
efficienza). La valutazione dell'efficacia e dell'efficienza della gestione e
il rispetto delle condizioni previste nel contratto di servizio sono sottoposti
a verifica annuale da parte dell'Autorità di
regolazione di settore. La durata dell'affidamento in house
all'azienda risultante dall'integrazione
non può essere in ogni caso superiore a tre anni a decorrere dal 1º gennaio
2013. La deroga di cui alla presente lettera non si applica ai processi di aggregazione a livello
di ambito o di bacino territoriale che già prevedano procedure di affidamento
ad evidenza pubblica;
b) le gestioni affidate direttamente a società a partecipazione mista
pubblica e privata, qualora la selezione del socio sia avvenuta mediante
procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui al
comma 8, le quali non abbiano avuto ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di
socio e l'attribuzione dei compiti
operativi connessi alla gestione del servizio, cessano, improrogabilmente e senza
necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante, alla data del 31
marzo 2013.
- La questione dell'assoggettamento al patto di stabilità
Ai sensi dell'art. 3-bis, co. 5, d.l. n.
138/2011 cit. inserito ex art. 25, co. 1, lett. a), d.l. n. 1/2012, «Le società affidatarie in house sono assoggettate al patto
di stabilità interno secondo le modalità definite dal decreto ministeriale
previsto dall'articolo 18, comma 2-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n.
112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e
successive modificazioni. L'ente locale o l'ente di governo locale dell'ambito
o del bacino vigila sull'osservanza da parte delle società di cui al periodo precedente
dei vincoli derivanti dal patto di stabilità interno».
Analogamente, le aziende speciali sono
assoggettate al patto di stabilità interno.
Difatti, resta ferma la previsione di
cui all'art. 25, co. 2, lett. a) d.l. n. 1/2012 convertito con modificazioni
dalla l. n. 27/2012, ai sensi della quale «All'articolo
114 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e
successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo il comma
5 e' inserito il seguente:
"5-bis. A
decorrere dall'anno 2013, le aziende speciali e le istituzioni sono
assoggettate al patto di stabilità interno secondo le modalità definite con
decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri
dell'interno e per gli affari regionali, il turismo e lo sport, sentita la
Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, da emanare entro il 30 ottobre
2012. A tal fine, le aziende speciali e le istituzioni si iscrivono e
depositano i propri bilanci al registro delle imprese o nel repertorio delle notizie
economico-amministrative della camera di commercio, industria, artigianato e
agricoltura del proprio territorio entro il 31 maggio di ciascun anno. L'Unioncamere trasmette al Ministero dell'economia e delle
finanze, entro il 30 giugno, l'elenco delle predette aziende speciali e
istituzioni ed i relativi dati di bilancio. Alle aziende speciali ed alle
istituzioni si applicano le disposizioni
del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché le
disposizioni che stabiliscono, a carico degli enti locali: divieto o
limitazioni alle assunzioni di
personale; contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di
natura retributiva o indennitaria e per
consulenza anche degli amministratori; obblighi e limiti alla
partecipazione societaria degli enti
locali. Gli enti locali vigilano sull'osservanza del presente comma da parte
dei soggetti indicati ai periodi precedenti. Sono escluse dall'applicazione
delle disposizioni del presente comma
aziende speciali e istituzioni che gestiscono servizi socio-assistenziali ed
educativi, culturali e farmacie."»
Da ultimo, il primo comma dell'art. 6, d.l. n. 95/2012 (cd.
spending review 2) dispone che «Le disposizioni di cui ai commi 587, 588
e 589 dall'articolo 1 della Legge n. 296 del 27 dicembre 2006 (Legge Finanziaria 2007), costituiscono
principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica ai fini del
rispetto dei parametri stabiliti dal patto di stabilità e crescita dell'Unione
europea si applicano anche alle Fondazioni, Associazioni, Aziende speciali,
Agenzie, Enti strumentali, Organismi e altre unità istituzionali non costituite
in forma di società o consorzio, controllati da amministrazioni pubbliche
statali, regionali e locali indicate nell'elenco ISTAT ai sensi dell'articolo
1, comma 3 della legge 31 dicembre 2009, n.196 (Legge di contabilità e di
finanza pubblica), e successive modifiche e integrazioni. Per controllo si deve
intendere la capacità di determinare la politica generale o il programma di una
unità istituzionale, se necessario scegliendo gli amministratori o i
dirigenti».
- La Corte costituzionale (sent. n. 325/2010) e l'inapplicabilità delle spa in house e delle aziende speciali al patto di stabilità
La Corte costituzionale, con sent. n. 325/2010, aveva
dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 23-bis, comma 10, lettera
a), prima parte, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la
semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e
la perequazione tributaria) – articolo aggiunto dalla legge di conversione 6
agosto 2008, n. 133 – sia nel testo originario, sia in quello modificato
dall’art. 15, comma 1, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135 (Disposizioni
urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze
della Corte di giustizia delle Comunità europee), convertito, con
modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, limitatamente alle parole:
«l'assoggettamento dei soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali
al patto di stabilità interno e».
La norma de qua disponeva che «Il Governo, su
proposta del ministro per i Rapporti con le Regioni ed entro centottanta giorni
alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto,
sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, nonché le competenti
Commissioni parlamentari, adotta uno o più regolamenti, ai sensi dell'articolo
17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, al fine di:
a) prevedere l'assoggettamento dei soggetti affidatari
diretti di servizi pubblici locali al patto di stabilità interno (…)».
La questione è stata ritenuta fondata, in quanto l’ambito
di applicazione del patto di stabilità interno attiene alla materia del
coordinamento della finanza pubblica (sentenze n. 284 e n. 237 del 2009; n. 267
del 2006), di competenza legislativa concorrente, e non a materie di competenza
legislativa esclusiva statale, per le quali soltanto l’art. 117, sesto comma,
Cost. attribuisce allo Stato la potestà regolamentare (cfr. sent. n. 325
cit., punto 12.6 considerato in diritto).
Pertanto, alla luce di
tale sentenza, il patto di stabilità non si applica a società in house
ed aziende speciali affidatarie dirette di servizi pubblici locali, che del
modello in house, secondo il diritto comunitario ed il diritto interno,
riflettono le caratteristiche fondamentali (capitale pubblico, attività
dedicata, controllo analogo).
- Ulteriori elementi di inapplicabilità del patto di stabilità
Ai sensi dell'art. 4,
co. 14, d.l. n. 138/2011 (dichiarato illegittimo con sentenza n. 199/2012), «Le
società cosiddette "in house" affidatarie dirette della gestione di servizi pubblici locali sono assoggettate al
patto di stabilità interno secondo le modalità definite, con il concerto del
Ministro (per gli Affari Regionali), in sede di attuazione dell'articolo 18,
comma 2-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con legge
6 agosto 2008, n. 133, e successive
modificazioni. Gli enti locali vigilano sull'osservanza, da parte dei soggetti
indicati al periodo precedente al cui capitale partecipano, dei vincoli
derivanti dal patto di stabilità interno».
Si osserva, dunque, che
parte dell'art. 4, dichiarato illegittimo, è stata reiterata dall'art. 25, d.l.
n. 1/2012.
La disposizione, come è
noto, è stata annullata dalla cit. sentenza n. 199 e, quindi, anche la sua
reiterazione in altra sede normativa è da ritenersi illegittima, per invalidità
derivata.
Pertanto, in ossequio
ad un'interpretazione sistematico-evolutiva del dato normativo, si potrebbe
sostenere l'esclusione delle società in house nonché delle aziende
speciali affidatarie dirette della gestione di servizi pubblici locali dal
patto di stabilità interno.
Napoli 31 luglio
2012
Alberto Lucarelli
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