Commento
sui provvedimenti relativi ad aziende speciali, istituzioni e società
partecipate contenuti nella Legge stabilità 2014 n. 147/2013
La legge di stabilità 2014 (n.
147/2013), nei commi 550-569 (vedi allegato) ha riscritto tutta una serie di
norme relative al rapporto tra Pubbliche Amministrazioni Locali e Aziende
speciali, istituzioni e società partecipate dalle stesse. Esse innovano
significativamente sia rispetto ad impostazioni precedenti relative
all’assoggettamento al Patto di stabilità degli Enti locali di tali forme
gestionali, ma anche rispetto alle norme che erano entrate inizialmente nella
prima stesura della legge di stabilità stessa.
1.In termini generali, i commi da
550 a 569 della legge di stabilità intervengono sull’insieme dell’universo
delle aziende speciali, istituzioni e società partecipate dipendenti dagli Enti
Locali, a prescindere dall’oggetto della loro attività: comprendono, ad
esempio, sia le forme gestionali che riguardano i servizi pubblici locali
(acqua, gas, igiene ambientale, trasporto pubblico locale, energia, ecc.) sia
quelle relative alle attività strumentali (servizi informatici, di pulizia,
manutenzione ecc.). L’idea portante lì contenuta è quella di valutare
l’economicità della gestione: in buona sostanza, il riferimento di fondo è
quello che aziende speciali, istituzioni e società partecipate devono avere un
risultato economico positivo, altrimenti ciò comporta serie conseguenze
sull’Ente Locale di riferimento. In generale, senza entrare in dettagli troppo
tecnici, per risultato economico si intende il risultato di esercizio (o il
saldo finanziario) di bilancio, mentre per le società che svolgono servizi
pubblici a rete di rilevanza economica esso deriva dalla differenza tra valore
e costi della produzione. Se si ha un
risultato economico negativo, a partire dal 2015, gli Enti Locali proprietari o
partecipanti sono obbligati ad accantonare in un apposito fondo vincolato un
importo pari al risultato negativo non ripianato, in misura proporzionale alla
quota di partecipazione. Inoltre, a decorrere dall’esercizio 2017, in caso
di risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti, i soggetti
gestionali diversi dalle società che svolgono servizi pubblici locali sono
posti in liquidazione.
Poi, per le aziende speciali, le
istituzioni e le società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo
che siano titolari di affidamenti diretti o che svolgono servizi strumentali
vengono estese, con un atto di indirizzo dell’Ente Locale controllante, le
limitazioni di carattere contrattuale e occupazionale che riguardano i
lavoratori degli Enti Locali di riferimento (blocco parziale del turn-over e di
contenimento dei trattamenti contrattuali). Sempre in tema di personale, si
stabilisce che se la spesa relativa ad esso, comprendendo, oltre ai lavoratori
dell’Ente Locale, anche quelli delle aziende speciali, istituzioni e società a
partecipazione pubblica totale o di controllo, supera il 50% della spesa
corrente, non si può procedere ad alcuna ulteriore assunzione di personale. Si
stabiliscono inoltre processi di mobilità dei lavoratori tra società
controllate, anche senza il consenso dei lavoratori stessi.
Infine, i provvedimenti contenuti
nella Legge di stabilità abrogano i riferimenti all’assoggettamento al Patto di
stabilità degli Enti locali per le aziende speciali, istituzioni e società
partecipate e il divieto, introdotto con la spending review, di dar vita a
nuove aziende speciali o società, nonché alla messa in liquidazione delle
società strumentali e delle società partecipate nei Comuni con meno di 50.000
abitanti.
2. L’insieme di queste norme si
differenzia in modo significativo da precedenti impostazioni. In particolare,
con questo nuovo meccanismo, non si
parla più di assoggettamento di aziende speciali e società a totale capitale
pubblico al patto di stabilità degli Enti Locali. Quell’impostazione, che
era stata avanzata dal Governo Monti con il decreto “liberalizzazioni” del
gennaio 2012, viene dunque messa da parte, per affermare, invece, un approccio
per cui i singoli soggetti gestionali devono presentare un risultato economico
positivo. E’ bene peraltro ricordare che l’assoggettamento al Patto di
stabilità era solo una previsione del governo Monti e non è mai stato attuato,
perché doveva entrare in vigore con un decreto ministeriale da emettere entro
il 31 ottobre, decreto che poi non è mai uscito. Quest’accantonamento
dell’assoggettamento al Patto di stabilità degli Enti Locali fa venir meno uno
degli alibi “preferiti” dalle Amministrazioni locali che non volevano procedere
alla ripubblicizzazione dei servizi pubblici. Esse accampavano il ragionamento
che costruire un unico bilancio consolidato tra Ente Locale e soggetti gestori
(perché ciò implicava l’assoggettamento al Patto di stabilità) avrebbe esteso una
serie di vincoli alle Aziende speciali (a partire dall’impossibilità di
ricorrere all’indebitamento e quindi a effettuare gli investimenti) che ne
avrebbero minato il funzionamento. Allo stesso modo, questa nuova impostazione fa giustizia della teorizzazione della
situazione di “maggior sfavore” della gestione tramite l’Azienda speciale
rispetto a quella della S.p.A. a totale capitale pubblico “in house”. Infatti,
ormai, queste due soluzioni gestionali sono equiparate e, ora, dal punto di
vista dei privatizzatori, semmai la vera differenza, in termini di minori
vincoli, soprattutto rispetto al trattamento dei lavoratori (questione, però,
controversa e affrontabile), passa tra S.p.A. mista, da una parte, e S.p.A. a
totale capitale pubblico e Azienda speciale, dall’altra.
3. Va però notato che anche
l’impostazione contenuta nella Legge di stabilità non è meno pericolosa di
quella proposta precedentemente. L’anima privatizzatrice è ben presente anche
in questo nuovo impianto. Infatti, ciò è reso evidente da almeno tre punti: il
primo è che si prende come riferimento unicamente l’andamento economico
positivo della gestione dei servizi, ribadendo una concezione economicista per
cui questo parametro è la lente cui si guarda, senza misurarsi con un dato di
efficacia ed efficienza sociale dei servizi. In secondo luogo, è profondamente
sbagliato assumere l’indicatore dell’andamento economico della gestione in modo
uniforme, senza differenziare l’analisi per settori o aree territoriali. Per
esemplificare, il trasporto pubblico locale è strutturalmente in perdita, ne è
pensabile che lì le tariffe possano coprire i costi del servizio, così come è
profondamente differente la situazione di molte parti del Mezzogiorno rispetto
ad altre aree del Paese. Soprattutto - ed è questo il terzo motivo - non può
non sfuggire il provvedimento draconiano per cui, a partire dal 2015, se un
soggetto gestore è in perdita, l’Ente locale deve accantonare in un fondo
vincolato l’importo corrispondente. Non ci vuole molto a prevedere che, d’ora
in avanti, il nuovo alibi delle Amministrazioni che vogliono privatizzare si
tramuterà da “ non si può fare l’Azienda speciale perché viene sottoposta al
patto di stabilità” al nuovo “non si può fare l’Azienda speciale perché, se va
in perdita, ci costringe ad un ripiano impossibile per le nostre casse, che
sono già vuote”. Ragionamento che, peraltro, è più facile da smontare del
precedente, perché anche noi assumiamo il tema dell’esistenza del fattore
dell’efficienza economica, senza mai dimenticare che, in primo luogo, i servizi
devono rispondere a criteri di efficacia ed efficienza sociale e che essa va
perseguita sapendo leggere le differenze e i diversi punti di partenza
esistenti.
Insomma, la nostra battaglia va
avanti, su un terreno che può essere meno impervio del precedente, ma che avrà
bisogno della passione e dell’intelligenza collettiva che da sempre ci anima.
I commi interessati della Legge di stabilità