Un
referendum per la liberazione dal saccheggio dei beni comuni
Care/i,
stiamo vivendo una situazione sociale e politica molto difficile. La
crisi continua ad espandere il catalogo delle ingiustizie sociali ed
ambientali. Gli effetti delle politiche del governo e dell’UE stanno provocando
conseguenze disastrose nelle vite della maggioranza dei cittadini, erodendo
qualsiasi speranza per il futuro. Il silenzio e l’apatia della classe dirigente
politica aumentano il peso della crisi e tendono a confermare quello che il
pensiero unico continua a dire da anni: there
is no alternative.
Noi invece crediamo che le alternative ci siano, ma vadano costruite con
pratiche e proposte diverse rispetto a quelle messe in campo. Noi crediamo che
solo attraverso una piena e consapevole partecipazione dei cittadini e delle
cittadine la democrazia del nostro paese potrà essere in grado di frenare la
distruzione di diritti operata dal modello economico liberista così caro agli
attuali governanti. Crediamo che una forte mobilitazione dal basso sia
indispensabile per mettere al centro dell’agenda del paese il dibattito sui
principali temi che investono la vita delle persone. Temi come la difesa dei
beni comuni, il lavoro, le alternative alla crisi, la riconversione ecologica
delle attività produttive, una politica estera di pace e cooperazione, potranno
entrare nell’agenda politica solo se i movimenti, le associazioni, i sindacati
e la società civile saranno in grado di farli vivere nel paese reale.
L’efficienza economica è diventata oggi l’unica principio che guida la
società e la costruzione delle relazioni socio-economiche. E’ questo il principio
sul quale fonda la sua etica il pensiero unico. L’assenza di alternative in
grado di opporsi a quest’idea deformante della società e del diritto ha causato
la rottura dell’equilibro del rapporto tra giustizia e sostenibilità, tra proprietà comune o collettiva e proprietà
privata. L’aumento delle diseguaglianze sociali, la distruzione ambientale, la
precarizzazione del lavoro e della vita, i tentativi di completa mercificazione
e privatizzazione dei beni comuni, sono la conseguenza delle politiche messe in
campo dal pensiero unico.
Assistiamo ad un inaccettabile
trasferimento della sovranità dal popolo a speculatori finanziari, manager di grandi imprese e banchieri. Siamo
addirittura al paradosso in cui i giudizi di mercato vengono riconosciuti come
vincolanti nelle scelte giuridiche, come nel caso degli spread o delle
transazioni finanziarie. Tali riconoscimenti e stravolgimenti dell’ordine
giuridico sono palesemente in contrasto con la nostra Costituzione. Riconoscere
tutela giuridica a interessi speculativi è contrario alla legalità
costituzionale in quanto interessi che per loro finalità non sono meritevoli di
tutela. I giudizi dei mercati NON POSSONO essere giuridicamente vincolanti
perché violano l’art. 42 della nostra Costituzione.
Per questo crediamo sia possibile e
giusto mettere in campo un Referendum abrogativo che blocchi la privatizzazione
dei beni comuni. Un referendum che serva allo stesso tempo ad aprire un
dibattito nel paese in un momento storico nel quale gli spazi per la
discussione su temi fondamentali della vita sembrano essere stati chiusi da una
politica distante, distratta e miope. Pensiamo tra l’altro che sia utile che i
cittadini e le cittadine possano essere interrogati e dire la loro su questioni
fondamentali come quelle che poniamo in un periodo così importante per la vita
democratica di una nazione come sono le elezioni politiche.
Abbiamo avuto la disponibilità di
importanti intellettuali – Maddalena, Mattei, Schinaia, Vittozzi, Montanari, Settis
- che hanno messo in campo un quesito capace di bloccare alcuni degli effetti
delle politiche del governo Monti sul tema dei beni comuni (il quesito è all’ultima
pagina).
Pensiamo che questa iniziativa
referendaria possa nascere e crescere solo se saranno i soggetti sociali del
paese a portarla autonomamente avanti. Queste Referendum appartiene a tutti e
non è di nessuno, esattamente come lo sono i beni comuni. Questa è la modalità
con la quale vorremmo costruire insieme a tutti il comitato referendario,
attraverso le pratiche della democrazia partecipata e comunitaria.
Ci rendiamo conto che i tempi sono
stretti, ma il fatto che a metà ottobre si inizieranno a raccogliere le firme
per i referendum sul Lavoro potrebbe essere utile.
Vorremmo confrontarci con tutti voi e
con quanti più soggetti sociali che in questi anni si sono impegnati per
difendere i beni comuni per capire se sia possibile mettere in campo un
comitato promotore del referendum, capace di raccogliere le firme e mettere in
moto un’iniziativa politica nazionale così ambiziosa.
Per queste ragioni vorremmo invitarvi
tutti e tutte ad una riunione da tenersi a Roma per mercoledì 19 settembre
presso il Teatro Valle Occupato alle ore 15.00 e la speranza di poterci incontrare e
camminare in tanti e tante, vi salutiamo con affetto.
Alberto Lucarelli
Giuseppe De Marzo
Referendum abrogativo
Quesito: Vuoi che siano abrogate le
disposizioni legislative che consentono l’alienazione dei beni comuni
ambientali e culturali, come le sorgenti d’acqua, i laghi, i fiumi, le spiagge,
i boschi, le foreste, i beni artistici e storici, ecc., e, pertanto, siano
deliberate, nei limiti sotto indicati, le abrogazioni parziali delle seguenti
leggi o atti avente valore di legge?
- in riferimento alla legge 23 novembre 2001, n. 410, che
prevede la vendita del patrimonio immobiliare pubblico dello Stato, sono
abrogati: all’art. 1, comma 1, all’ultimo rigo, le parole “distinguendo tra
beni demaniali” e la parola “indisponibile”; all’art. 3, comma 1, le parole
“L’inclusione nei decreti produce il passaggio dei beni al patrimonio
disponibile”; all’art. 3, comma 8, le parole “ai sensi del comma 13”; all’art.
3, l’intero comma 13;
- in riferimento alla legge 6 agosto 2008, n. 133, che
prevede la vendita degli immobili pubblici delle regioni, province ed altri
enti locali: sono abrogati, all’art. 1, comma 2, le parole “ne determina la
conseguente classificazione come patrimonio disponibile”;
- in riferimento alla legge 15 giugno 2002, n. 112, istitutiva
della Patrimonio Stato S.p.A., ”sono abrogati: all’art 7, comma 10, secondo
rigo, le parole “e indisponibile”, nonché la frase da “sui beni immobili” a “a
favore dello Stato”;
-in riferimento al decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85
sul “federalismo demaniale”, relativo alla regionalizzazione del demanio
statale idrico e marittimo, nonché alla provincializzazione di parte di detti
demani, consentendone, in ultima analisi, la vendita a privati, sono abrogati:
il comma 5, lett. e) dello stesso art. 1 ; il comma 4, dell’art. 2; il comma 1,
lett. a) e b), dell’art. 3; il comma 2, dell’art. 3; l’ultima frase del comma
1, dell’art. 4; le lett. a) e b) del comma 1, dell’art. 5; le parole da “quanto
salvo” a “presente articolo”, contenute nel comma 2 dell’art. 5; il comma 5
dell’art. 5;
-in riferimento all’art. 23-ter, del decreto-legge 6 luglio
2012, n. 95, convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 135, relativa alla spending
review (il quale, a proposito
dell’alienazione di beni comuni, aggiunge talune disposizioni dopo il comma
8-bis dell’art. 33, della legge 15 luglio 2011, n. 111), sono abrogate: la
frase “possono altresì essere conferiti o trasferiti ai medesimi fondi i beni
valorizzabili, suscettibili di trasferimento ai sensi dell’art. 5, comma 1,
lett. e), del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85”, la frase
“limitatamente ai beni di cui all’art. 5, comma 1, lett. e), sopra richiamato”,
la frase “ovvero con apposita deliberazione adottata secondo le procedure di
cui all’art. 58 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con
modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, anche in deroga all’obbligo di
allegare il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari al bilancio”,
ed infine la frase “l’inserimento degli immobili nei predetti decreti ne
determina la classificazione come patrimonio disponibile dello Stato”.
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