sabato 24 dicembre 2016
venerdì 9 dicembre 2016
Lunedì 12 dicembre 2016 aller ore 11,30 presidio e conferenza stampa davanti al
Palazzo di Santa Lucia, sede della Regione Campania - Via Santa Lucia - Napoli
PIATTAFORMA ACQUA PUBBLICA CAMPANIA
I. L’opposizione all’affidamento della gestione del SII del Centro-Sud ad un’unica grande Multiutility
Sono ormai molti anni che le linee politiche dei governi nazionali e regionali susseguitisi al potere stanno portando avanti il progetto di sottrazione progressiva dei servizi pubblici locali dal controllo dei Comuni e dei cittadini per trasferirne la gestione a società di mercato, così rispondendo alle richieste delle società finanziarie del settore ed in particolare alle multinazionali dei servizi. In particolare, tale progetto di privatizzazione e accentramento della gestione dei servizi pubblici locali, si intende portarlo avanti attraverso l’individuazione di 4 grandi operatori privati italiani, partecipati dalle multinazionali del settore, che progressivamente andrebbero a gestire l’intero servizio idrico del Paese.
Per il Centro - Sud i soggetti individuati quali società di partenza per procedere alla costruzione della grande società di gestione sono l’ACEA S.P.A. e l’Acquedotto Pugliese.
L’ACEA s.p.a., una società quotata in borsa partecipata dalla multinazionale Suez che attualmente detiene il 23,3% e dal Comune di Roma socio di maggioranza al 51% (nonché dal gruppo Caltagirone), detiene già la gestione della maggioranza del territorio del Centro e del Lazio, nonché in alcune società in vari territori di altre regioni del Sud.
L’Acquedotto Pugliese, al contrario, è una società per azioni di proprietà interamente pubblica che per le dimensioni gestionali, oltre che per il numero di utenze servite non può che essere individuato quale ulteriore centro di aggregazione con progressiva privatizzazione e dismissione di quote a favore dei privati, anche attraverso processi di fusione societaria e ricapitalizzazione.
Dal punto di vista istituzionale il progetto di progressiva aggregazione, accentramento e privatizzazione del servizio idrico sta andando avanti attraverso la promozione del modello di governo dell’ATO UNICO REGIONALE, i cui effetti pratici sono un sostanziale allontanamento dei Comuni e delle Comunità locali di riferimento dal governo e dalla gestione del servizio idrico.
Tale modello, applicato per la prima volta in Toscana e poi in altre regioni, prevede il funzionamento attraverso organi di secondo livello e di terzo livello che nella sostanza recidono il rapporto democratico tra rappresentanti e rappresentati e creano un modello di Ente pubblico apolitico e fuori dalle regole democratiche, maggiormente funzionale agli interessi di interlocuzione stabile delle società finanziarie di gestione del servizio idrico integrato.
Esempi di tale nuovo modello di Governance del servizio idrico è sicuramente l’Autorità Idrica Toscana e da ultimo lo stesso Ente Idrico Campano approvato tra le proteste vivaci dei comitati per l’Acqua pubblica il 16 novembre 2015 dalla maggioranza del Presidente Vincenzo De Luca.
Inoltre, Appare opportuno ricordare che nel dato di contesto si inseriscono anche le norme sulla finanza pubblica
II. I profili di restringimento democratico dell'Ente Idrico Campano
Il
modello dell’ente unico regionale campano presenta gravi profili di
antidemocraticità in particolare per ciò che riguarda il ruolo di comuni
che viene relegato, nella gran parte dei casi a quello di semplici
elettori. In particolare, per ciò che riguarda l’organizzazione
dell’ente appare chiaro che:
- Non prevedere la
rappresentanza diretta dei Comuni all’interno dell’ente, neanche in
organi di carattere consultivo, propositivo o di controllo determina, in
realtà, l’estromissione della gran parte dei 550 Comuni della Campania
dalla gestione del Servizio Idrico Integrato;
- I Consigli di Distretto,
organo di II livello composti da 30 membri eletti dai sindaci sulla
base di un complicato e fallace sistema elettorale, che
rappresenterebbero gli organi dell'Ente Idrico Campano più vicini agli
interessi del territorio, appaiono non dotati di poteri incisivi e
comunque sottoposti alla tutela del Comitato Esecutivo dell'EIC, secondo
una ripartizione di competenze tutt'altro che pacifica;
- Il Comitato Esecutivo,
organo di terzo livello composto da 20 membri eletti dai Consigli di
Distretto, rappresenta una gravissima anomalia democratica perché
accentra funzioni decisionali decisive nel governo del Servizio Idrico
Integrato in capo ad un numero ristretto di persone, di fatto sganciato
dai territori e quindi lontano dagli interessi dei cittadini;
-
inoltre, il meccanismo elettorale e la decadenza automatica dei
componenti degli organi elettivi allo scadere del mandato nel Comune di
appartenenza, determina gravissimi problemi di continuità amministrativa
e tenuta del modello istituzionale, che corroborano il giudizio
totalmente negativo sulla L.R.C. n. 15/2015, in cui la continuità e,
dunque, il vero potere decisionale sarà con tutta probabilità detenuto
dalla burocrazia dell'Ente.
Il modello rappresenta sicuramente un
modello di gestione autoritaria ed antidemocratica che tende ad
emarginare il ruolo dei Comuni che restano solo formalmente i detentori
delle competenze in materia di acqua ma che, nella sostanza, sono
degradati per la gran parte ad elettori chiamati ad esprimersi una volta
ogni 5 anni degli organi decisionali.
III. La
necessità della partecipazione all’Ente Idrico Campano essenziale per
l’affidamento del servizio idrico integrato ad enti di diritto pubblico nei vari
distretti
Nella prospettiva di
una modifica e disarticolazione dell’Ente Idrico Campano con
ricostituzione di enti di Governo degli Ambiti corrispondenti agli
attuali distretti e ricostituzione delle assemblee dei sindaci sovrane, i
Comuni per l'acqua pubblica non possono tuttavia abbandonare
l’esercizio delle proprie funzioni, per quanto strette nella camicia di
forza dell’EIC, al fine di scongiurare il rischio che al governo del
nuovo ente arrivino forze sensibili alle sirene della finanzia e delle
società private.
In particolare, appare opportuno che, sulle questioni riguardanti l’Ente idrico Campano, i comuni si organizzino al fine di:
1.
Esprimere nei Consigli di Distretto una rappresentanza favorevole alla
gestione pubblica, partecipata e democratica del servizio idrico
integrato;
2. Esprimere nel Comitato Esecutivo una rappresentanza
favorevole alla gestione pubblica, partecipata e democratica del
servizio Idrico Integrato.
3. Approvare nei vari Consigli di
Distretto l’affidamento della gestione ad Aziende Speciali Consortili
partecipate dai Comuni del Distretto proporzionalmente al numero degli
abitanti;
4. Porre fine alla gestione del servizio idrico
integrato delle società private insistente nei vari distretti della
regione (GORI, Gesesa, AcuqedottiScpa, Ottogas, etc.);
5.
Riappropriarsi delle sorgenti, della grande adduzione e la depurazione
sottraendola alla gestione di Acquacampania s.p.a. e degli altri gestori
privati presenti;
6. Revisione e rideterminazione dei piani
economico finanziari, di investimento e tariffari approvati nel periodo
di commissariamento dalla Regione Campania e dai suoi commissari
straordinari.
Nel portare avanti i suddetti punti programmatici i
rappresentanti dei Comuni più popolosi e rappresentativi, a partire dal
Comune capoluogo, sono tenuti a sostenere e rafforzare i processi di
ripubblicizzazione della gestione nei vari distretti regionali.
IV. Nuovo piano di investimenti per la rete idrica campana
Accanto
alla ripubblicizzazione del servizio idrico integrato attraverso la
gestione mediante enti di diritto pubblico del servizio nei territori
distrettuali occorre che le comunità locali, nell’ottica della
salvaguardia ambientale e della partecipazione orizzontale ai benefici
della gestione pubblica del servizio:
1. Provvedano a rivedere i
piani di investimento già approvati dalla Regione Campania
redistribuendo le risorse attribuite ad Acqua Campania s.p.a. in favore
delle comunità territoriali dei vari distretti al fine di intervenire
sulle reti cittadine che necessitano di lavori urgenti e
improcrastinabili;
2. In tale ottica ridiscutere con la Regione
Campania l’allocazione dei fondi europei e la programmazione
richiedendo l’inserimento degli interventi sulle reti cittadine tra
quelli oggetto di finanziamento pubblico;
3. Prevedere
meccanismi di partecipazione popolare diretta alle procedure decisionali
relativa alla programmazione degli interventi ed alla allocazione delle
risorse pubbliche sul servizio idrico.
Tale nuova programmazione
e distribuzione delle risorse pubbliche è necessario che sia ispirata
al principio dell’allargamento della base occupazionale da impegnare in
un processo di risanamento ambientale essenziale per la sostenibilità
della gestione della risorsa idrica nel prossimo futuro.
Coordinamento Regionale per la Gestione Pubblica dell’Acqua
PIATTAFORMA ACQUA PUBBLICA CAMPANIA
I. L’opposizione all’affidamento della gestione del SII del Centro-Sud ad un’unica grande Multiutility
Sono ormai molti anni che le linee politiche dei governi nazionali e regionali susseguitisi al potere stanno portando avanti il progetto di sottrazione progressiva dei servizi pubblici locali dal controllo dei Comuni e dei cittadini per trasferirne la gestione a società di mercato, così rispondendo alle richieste delle società finanziarie del settore ed in particolare alle multinazionali dei servizi. In particolare, tale progetto di privatizzazione e accentramento della gestione dei servizi pubblici locali, si intende portarlo avanti attraverso l’individuazione di 4 grandi operatori privati italiani, partecipati dalle multinazionali del settore, che progressivamente andrebbero a gestire l’intero servizio idrico del Paese.
Per il Centro - Sud i soggetti individuati quali società di partenza per procedere alla costruzione della grande società di gestione sono l’ACEA S.P.A. e l’Acquedotto Pugliese.
L’ACEA s.p.a., una società quotata in borsa partecipata dalla multinazionale Suez che attualmente detiene il 23,3% e dal Comune di Roma socio di maggioranza al 51% (nonché dal gruppo Caltagirone), detiene già la gestione della maggioranza del territorio del Centro e del Lazio, nonché in alcune società in vari territori di altre regioni del Sud.
L’Acquedotto Pugliese, al contrario, è una società per azioni di proprietà interamente pubblica che per le dimensioni gestionali, oltre che per il numero di utenze servite non può che essere individuato quale ulteriore centro di aggregazione con progressiva privatizzazione e dismissione di quote a favore dei privati, anche attraverso processi di fusione societaria e ricapitalizzazione.
Dal punto di vista istituzionale il progetto di progressiva aggregazione, accentramento e privatizzazione del servizio idrico sta andando avanti attraverso la promozione del modello di governo dell’ATO UNICO REGIONALE, i cui effetti pratici sono un sostanziale allontanamento dei Comuni e delle Comunità locali di riferimento dal governo e dalla gestione del servizio idrico.
Tale modello, applicato per la prima volta in Toscana e poi in altre regioni, prevede il funzionamento attraverso organi di secondo livello e di terzo livello che nella sostanza recidono il rapporto democratico tra rappresentanti e rappresentati e creano un modello di Ente pubblico apolitico e fuori dalle regole democratiche, maggiormente funzionale agli interessi di interlocuzione stabile delle società finanziarie di gestione del servizio idrico integrato.
Esempi di tale nuovo modello di Governance del servizio idrico è sicuramente l’Autorità Idrica Toscana e da ultimo lo stesso Ente Idrico Campano approvato tra le proteste vivaci dei comitati per l’Acqua pubblica il 16 novembre 2015 dalla maggioranza del Presidente Vincenzo De Luca.
Inoltre, Appare opportuno ricordare che nel dato di contesto si inseriscono anche le norme sulla finanza pubblica
II. I profili di restringimento democratico dell'Ente Idrico Campano
Il modello dell’ente unico regionale campano presenta gravi profili di antidemocraticità in particolare per ciò che riguarda il ruolo di comuni che viene relegato, nella gran parte dei casi a quello di semplici elettori. In particolare, per ciò che riguarda l’organizzazione dell’ente appare chiaro che:
- Non prevedere la rappresentanza diretta dei Comuni all’interno dell’ente, neanche in organi di carattere consultivo, propositivo o di controllo determina, in realtà, l’estromissione della gran parte dei 550 Comuni della Campania dalla gestione del Servizio Idrico Integrato;
- I Consigli di Distretto, organo di II livello composti da 30 membri eletti dai sindaci sulla base di un complicato e fallace sistema elettorale, che rappresenterebbero gli organi dell'Ente Idrico Campano più vicini agli interessi del territorio, appaiono non dotati di poteri incisivi e comunque sottoposti alla tutela del Comitato Esecutivo dell'EIC, secondo una ripartizione di competenze tutt'altro che pacifica;
- Il Comitato Esecutivo, organo di terzo livello composto da 20 membri eletti dai Consigli di Distretto, rappresenta una gravissima anomalia democratica perché accentra funzioni decisionali decisive nel governo del Servizio Idrico Integrato in capo ad un numero ristretto di persone, di fatto sganciato dai territori e quindi lontano dagli interessi dei cittadini;
- inoltre, il meccanismo elettorale e la decadenza automatica dei componenti degli organi elettivi allo scadere del mandato nel Comune di appartenenza, determina gravissimi problemi di continuità amministrativa e tenuta del modello istituzionale, che corroborano il giudizio totalmente negativo sulla L.R.C. n. 15/2015, in cui la continuità e, dunque, il vero potere decisionale sarà con tutta probabilità detenuto dalla burocrazia dell'Ente.
Il modello rappresenta sicuramente un modello di gestione autoritaria ed antidemocratica che tende ad emarginare il ruolo dei Comuni che restano solo formalmente i detentori delle competenze in materia di acqua ma che, nella sostanza, sono degradati per la gran parte ad elettori chiamati ad esprimersi una volta ogni 5 anni degli organi decisionali.
Il modello dell’ente unico regionale campano presenta gravi profili di antidemocraticità in particolare per ciò che riguarda il ruolo di comuni che viene relegato, nella gran parte dei casi a quello di semplici elettori. In particolare, per ciò che riguarda l’organizzazione dell’ente appare chiaro che:
- Non prevedere la rappresentanza diretta dei Comuni all’interno dell’ente, neanche in organi di carattere consultivo, propositivo o di controllo determina, in realtà, l’estromissione della gran parte dei 550 Comuni della Campania dalla gestione del Servizio Idrico Integrato;
- I Consigli di Distretto, organo di II livello composti da 30 membri eletti dai sindaci sulla base di un complicato e fallace sistema elettorale, che rappresenterebbero gli organi dell'Ente Idrico Campano più vicini agli interessi del territorio, appaiono non dotati di poteri incisivi e comunque sottoposti alla tutela del Comitato Esecutivo dell'EIC, secondo una ripartizione di competenze tutt'altro che pacifica;
- Il Comitato Esecutivo, organo di terzo livello composto da 20 membri eletti dai Consigli di Distretto, rappresenta una gravissima anomalia democratica perché accentra funzioni decisionali decisive nel governo del Servizio Idrico Integrato in capo ad un numero ristretto di persone, di fatto sganciato dai territori e quindi lontano dagli interessi dei cittadini;
- inoltre, il meccanismo elettorale e la decadenza automatica dei componenti degli organi elettivi allo scadere del mandato nel Comune di appartenenza, determina gravissimi problemi di continuità amministrativa e tenuta del modello istituzionale, che corroborano il giudizio totalmente negativo sulla L.R.C. n. 15/2015, in cui la continuità e, dunque, il vero potere decisionale sarà con tutta probabilità detenuto dalla burocrazia dell'Ente.
Il modello rappresenta sicuramente un modello di gestione autoritaria ed antidemocratica che tende ad emarginare il ruolo dei Comuni che restano solo formalmente i detentori delle competenze in materia di acqua ma che, nella sostanza, sono degradati per la gran parte ad elettori chiamati ad esprimersi una volta ogni 5 anni degli organi decisionali.
III.La necessità della partecipazione all’Ente Idrico Campano essenziale per l’affidamento del servizio idrico integrato ad enti di diritto nei vari distretti
Nella prospettiva di una modifica e disarticolazione dell’Ente Idrico Campano con ricostituzione di enti di Governo degli Ambiti corrispondenti agli attuali distretti e ricostituzione delle assemblee dei sindaci sovrane, i Comuni per l'acqua pubblica non possono tuttavia abbandonare l’esercizio delle proprie funzioni, per quanto strette nella camicia di forza dell’EIC, al fine di scongiurare il rischio che al governo del nuovo ente arrivino forze sensibili alle sirene della finanzia e delle società private.
In particolare, appare opportuno che, sulle questioni riguardanti l’Ente idrico Campano, i comuni si organizzino al fine di:
1. Esprimere nei Consigli di Distretto una rappresentanza favorevole alla gestione pubblica, partecipata e democratica del servizio idrico integrato;
2. Esprimere nel Comitato Esecutivo una rappresentanza favorevole alla gestione pubblica, partecipata e democratica del servizio Idrico Integrato.
3. Approvare nei vari Consigli di Distretto l’affidamento della gestione ad Aziende Speciali Consortili partecipate dai Comuni del Distretto proporzionalmente al numero degli abitanti;
4. Porre fine alla gestione del servizio idrico integrato delle società private insistente nei vari distretti della regione (GORI, Gesesa, AcuqedottiScpa, Ottogas, etc.);
5. Riappropriarsi delle sorgenti, della grande adduzione e la depurazione sottraendola alla gestione di Acquacampania s.p.a. e degli altri gestori privati presenti;
6. Revisione e rideterminazione dei piani economico finanziari, di investimento e tariffari approvati nel periodo di commissariamento dalla Regione Campania e dai suoi commissari straordinari.
Nel portare avanti i suddetti punti programmatici i rappresentanti dei Comuni più popolosi e rappresentativi, a partire dal Comune capoluogo, sono tenuti a sostenere e rafforzare i processi di ripubblicizzazione della gestione nei vari distretti regionali.
IV. Nuovo piano di investimenti per la rete idrica campana.
Accanto alla ripubblicizzazione del servizio idrico integrato attraverso la gestione mediante enti di diritto pubblico del servizio nei territori distrettuali occorre che le comunità locali, nell’ottica della salvaguardia ambientale e della partecipazione orizzontale ai benefici della gestione pubblica del servizio:
1. Provvedano a rivedere i piani di investimento già approvati dalla Regione Campania redistribuendo le risorse attribuite ad Acqua Campania s.p.a. in favore delle comunità territoriali dei vari distretti al fine di intervenire sulle reti cittadine che necessitano di lavori urgenti e improcrastinabili;
2. In tale ottica ridiscutere con la Regione Campania l’allocazione dei fondi europei e la programmazione richiedendo l’inserimento degli interventi sulle reti cittadine tra quelli oggetto di finanziamento pubblico;
3. Prevedere meccanismi di partecipazione popolare diretta alle procedure decisionali relativa alla programmazione degli interventi ed alla allocazione delle risorse pubbliche sul servizio idrico.
Tale nuova programmazione e distribuzione delle risorse pubbliche è necessario che sia ispirata al principio dell’allargamento della base occupazionale da impegnare in un processo di risanamento ambientale essenziale per la sostenibilità della gestione della risorsa idrica nel prossimo futuro.
Coordinamento Regionale per la Gestione Pubblica dell’Acqua
Nella prospettiva di una modifica e disarticolazione dell’Ente Idrico Campano con ricostituzione di enti di Governo degli Ambiti corrispondenti agli attuali distretti e ricostituzione delle assemblee dei sindaci sovrane, i Comuni per l'acqua pubblica non possono tuttavia abbandonare l’esercizio delle proprie funzioni, per quanto strette nella camicia di forza dell’EIC, al fine di scongiurare il rischio che al governo del nuovo ente arrivino forze sensibili alle sirene della finanzia e delle società private.
In particolare, appare opportuno che, sulle questioni riguardanti l’Ente idrico Campano, i comuni si organizzino al fine di:
1. Esprimere nei Consigli di Distretto una rappresentanza favorevole alla gestione pubblica, partecipata e democratica del servizio idrico integrato;
2. Esprimere nel Comitato Esecutivo una rappresentanza favorevole alla gestione pubblica, partecipata e democratica del servizio Idrico Integrato.
3. Approvare nei vari Consigli di Distretto l’affidamento della gestione ad Aziende Speciali Consortili partecipate dai Comuni del Distretto proporzionalmente al numero degli abitanti;
4. Porre fine alla gestione del servizio idrico integrato delle società private insistente nei vari distretti della regione (GORI, Gesesa, AcuqedottiScpa, Ottogas, etc.);
5. Riappropriarsi delle sorgenti, della grande adduzione e la depurazione sottraendola alla gestione di Acquacampania s.p.a. e degli altri gestori privati presenti;
6. Revisione e rideterminazione dei piani economico finanziari, di investimento e tariffari approvati nel periodo di commissariamento dalla Regione Campania e dai suoi commissari straordinari.
Nel portare avanti i suddetti punti programmatici i rappresentanti dei Comuni più popolosi e rappresentativi, a partire dal Comune capoluogo, sono tenuti a sostenere e rafforzare i processi di ripubblicizzazione della gestione nei vari distretti regionali.
IV. Nuovo piano di investimenti per la rete idrica campana.
Accanto alla ripubblicizzazione del servizio idrico integrato attraverso la gestione mediante enti di diritto pubblico del servizio nei territori distrettuali occorre che le comunità locali, nell’ottica della salvaguardia ambientale e della partecipazione orizzontale ai benefici della gestione pubblica del servizio:
1. Provvedano a rivedere i piani di investimento già approvati dalla Regione Campania redistribuendo le risorse attribuite ad Acqua Campania s.p.a. in favore delle comunità territoriali dei vari distretti al fine di intervenire sulle reti cittadine che necessitano di lavori urgenti e improcrastinabili;
2. In tale ottica ridiscutere con la Regione Campania l’allocazione dei fondi europei e la programmazione richiedendo l’inserimento degli interventi sulle reti cittadine tra quelli oggetto di finanziamento pubblico;
3. Prevedere meccanismi di partecipazione popolare diretta alle procedure decisionali relativa alla programmazione degli interventi ed alla allocazione delle risorse pubbliche sul servizio idrico.
Tale nuova programmazione e distribuzione delle risorse pubbliche è necessario che sia ispirata al principio dell’allargamento della base occupazionale da impegnare in un processo di risanamento ambientale essenziale per la sostenibilità della gestione della risorsa idrica nel prossimo futuro.
Coordinamento Regionale per la Gestione Pubblica dell’Acqua
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